DT del Lunedì 10/10/2016
Iroman World Championship – Kona Hawaii
Il weekend storico dove il primo DT89 si schiera nella bolgia dei migliori IM sul pianeta, è arrivato ed è passato con il suo strascico di emozioni e feste.
Sappiamo già tutto di Enrico, l’abbiamo tifato ad Aprile quando parti in missione in South Africa per qualificarsi dopo un inverno a pedalare con i geloni ai piedi e alle mani.
Sappiamo già tutto della gara di sabato, visto che tutti abbiamo passato la notte sognanti davanti a quello streaming proveniente dalle Hawaii per provare ad immedesimarci in lui e a sostenerlo con il karma.
Pastore c’era ed è stato immenso, raccontare la sua gara è difficile, si sprecherebbero termini come pazzesca, incredibile, solida, strepitosa ecc ecc…
L’aspettativa era alta, almeno quanto lo stress che ha dovuto sopportare in quei 10 giorni alle Hawaii da villeggiante in missione.
Ha dovuto adattarsi all’umidità e al caldo, rifinire la preparazione, sentire il peso della squadra che lo incitava, e se da una parte sicuramente lo caricava, dall’altra lo stressava, non si poteva fallire.
Dieci giorni con il suo rituale, in cui la storia si ripete da anni e il mito cresce, stress alla parata delle nazioni dove ha conosciuto il ristretto gruppo di eletti connazionali li con lui, stress mentre confidava: “sono tutti fortissimi”, stress nel villaggio quando passavano i campioni assoluti di ieri e di oggi, stress quando si imbatteva in Degaspari e gli dava qualche consiglio, stress alla “Underpants run” perchè non aveva la mutanda giusta.
Stress quando si è accorto di pedalare a 220wat e trovarsi un Phon acceso in faccia che lo disidratata e gli regalava un bel 19km/h in pianura sullo schermetto del Garmin, bevendo qualcosa come 2 borracce dopo 30 minuti di pedalata.
Ma soprattutto conoscendolo stress da Pastore, perchè questo ragazzo è un animale da gara, e se tutti noi ci saremmo accontentati di esserci o al massimo di sperare di arrivare in fondo, lui no, lui voleva fare bene.
Per sua fortuna da agonista vero tutte queste pressioni sabato in acqua alle 6:30 del mattino, con una tartaruga gigante sotto i piedi della tonnara in attesa del colpo di cannone, si sono dissolte, e per una volta, forse la prima, si è goduto la SUA gara, vivendola intensamente e al massimo come solo lui sa fare.
Dicevamo commentarla è inutile basta il tempo finale: 9:45h, NOVE ORE E QUARANTACINQUE MINUTI.
Enrico per la prima volta in vita sua sul rettilineo finale ha smesso di spingere, ha camminato, ha dato i five alle persone, ha cercato la sua Sara per baciarla e ringraziarla, se l’è goduta, per la prima volta non contava più il tempo e per un istante il guerriero ha trovato pace, la battaglia vinta, la soddisfazione che sovrasta la stanchezza, da buon capitano a passo lento con la maglia della squadra a moh di bandiera ha varcato la finish line ringraziando tutti noi che eravamo li con lui.
Da oggi Kona, per tutti noi, è un mito ancora più grande, e per questo dobbiamo ringraziare solo una persona, se chiudiamo gli occhi si sente un coro in lontananza sempre più forte:
“C’è solo un capitano, un capitano”.
La redazione